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La mindfulness in cucina: i pilastri della cucina zen

Nel post precedente, ho introdotto la mia visione della cucina che definisco zen. Abbiamo visto i suoi principi chiave: gratitudine, consapevolezza e ascolto, amore, stagionalità e rispetto. Un’altra delle caratteristiche della cucina zen è quella di basarsi sui 7 pilastri della mindfulness, in questo post, selezionerò i principali e ti descriverò come si uniscono perfettamente alla cucina per trasformarla in una vera e propria pratica di mindfulness e meditazione.

Il non giudizio. Non giudizio significa diventare un testimone imparziale di ciò̀ che accade. La mente è portata a giudicare le esperienze in buone o cattive, utili e inutili e questo condiziona il nostro stato d’animo. Praticare il non giudizio significa osservare gli eventi senza etichettarli, semplicemente prendendo atto che stanno avvenendo. Questo insegnamento è molto utile per chi non ama molto cucinare, ad esempio. Se approccio la preparazione di un pasto ripetendomi: “non ho voglia, non mi piace, vorrei essere altrove, cucinare è una perdita di tempo”, il risultato sarà resistenza a ciò che devo fare. Resistere è uno spreco di energia, causa stanchezza fisica, ma soprattutto emotiva. È come andare al lavoro e ripetersi: “non ho voglia, questo lavoro non fa per me, non mi piace, non vedo l’ora che arrivino le ferie!”. Se invece, mentre faccio la spesa (perché il cucinare inizia dal carrello!), cucino, preparo la tavola, lavo i piatti non giudico, ma semplicemente accetto di doverlo fare e sono consapevole che sto comunque compiendo un atto d’amore verso di me e gli altri, tutto passerà molto più velocemente e otterrò risultati migliori. Ogni azione fatta con presenza, consapevolezza e senza giudizio, per quanto banale sia, diventa immensa e brilla di una luce speciale, ci dona gioia e ci fa riscoprire lo straordinario nell’ordinario.

La pazienza. La pazienza è quella virtù che rende ogni azione significativa grazie al valore dell’attesa. In una società dove tutto è fast, ossia veloce, fast food, fast fashion, fast lane, ecc. prendersi il tempo di osservare, agire, aspettare che la vita fluisca attraverso la preparazione di un piatto, la creazione di un ricamo, di un abito, rende il risultato speciale. Ciò che è rapido lo dimentichiamo e ne godiamo in modo altrettanto veloce e superficiale: cambiamo guardaroba quando passa la moda e gettiamo tutto nella spazzatura, ingurgitiamo cibo del quale non sentiamo il sapore, leggiamo con velocità centinaia di messaggi e non ricordiamo nulla, guardiamo una serie tv dopo l’altra e non ci rimane niente. Quando ci metti tutta te stessa in ciò che fai e sei lì, presente, paziente, nell’attesa che il risultato della tua azione prenda forma, allora ti godrai il processo creativo e anche il risultato; certamente non lo dimenticherai facilmente e non lo getterai nel cestino perché gli avrai dato il giusto valore.  Pazienza in cucina significa anche darsi il tempo di imparare a preparare nuovi piatti e abituarsi a nuovi sapori, imparare a mangiare in modo più sano e semplice, anche se all’inizio può sembrare difficile.

La mente del principiante.  Non sapere è una condizione ideale perché ti permette di mantenere una mentalità aperta e osservare ciò che accade con occhi nuovi. La mente del principiante è tipica dei bambini che affrontano la vita con spirito curioso senza avere pregiudizi poiché per loro è sempre una prima volta. Per questo motivo, sono entusiasti e si mettono in gioco vivendo il piacere della scoperta. Noi adulti, invece, siamo irretiti nelle esperienze passate che condizionano ancora il presente, così come nei pregiudizi. Prendiamo decisioni sulla base di ciò che è stato o crediamo, o peggio, basandoci sulle opinioni altrui, invece di ascoltare fino in fondo ciò che desideriamo. Questo accade anche in cucina che è uno dei luoghi dove più serve avere una mente aperta come un principiante, come colui che non sa nulla. La cucina, come la vita, richiede una mente vuota e una predisposizione a scoprire, imparare, mettersi in gioco. Amo quando le persone che vengono a sapere che sono vegana mi fanno domande e si dimostrano curiose perché hanno spirito di intraprendenza, oppure coloro che si iscrivono ai miei corsi ma sono onnivori e non sanno nulla di cucina zen o macrobiotica. Li stimo molto perché sanno approcciarsi con curiosità e mettersi in gioco senza timore. Altri, invece, ti dicono: “ma come fai, cosa mangi? Solo verdura? Io non ce la farei mai!”. Il primo atteggiamento è quello giusto, aprirsi alla sperimentazione e alla scoperta, provare, sbagliare, cambiare idea più e più volte, ma sulla base di esperienze reali e non di pregiudizi. La cucina zen è anche questo: essere curiosi, leggere, studiare, fare domande, avere una mente flessibile e sapersi adattare alle situazioni con la leggerezza e con l’entusiasmo di chi incontra qualcosa per la prima volta.

Questi sono tre dei sette pilastri della mindfulness, gli altri sono la fiducia, l’accettazione, il non cercare risultati e il lasciare andare. Io li applico alla mia vita e alla cucina ogni giorno, puoi farlo anche tu in modo intuitivo trovando la tua applicazione personale e praticando questi valori non solo in cucina, ma in ogni ambito.

Guarda il video di questo post su YouTube:

https://youtu.be/3xQQP_l3m2o

 

 

 

 

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